ELE A – LA RAPPER PREFERITA
DEI TUOI RAPPER PREFERITI
di Carlo Di Piazza
ELE A -LA RAPPER PREFERITA
DEI TUOI RAPPER PREFERITI
di Carlo Di Piazza
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Abbiamo avuto la fortuna di sederci con Ele A, la brillante rapper ticinese nata nel 2002, ma che ormai vive a Milano da un paio di anni. La ragazza dentro di sé racchiude un universo, forse coltivato per necessità di sfuggire dalla asettica e borghese Lugano. La musica francese è il terreno su cui l’artista sembra aver messo le basi per Globo, l’EP che sta rendendo Ele A la rapper preferita del tuo rapper preferito. Ma questi sono i frutti di un duro e lungo lavoro, sia artistico sia personale che l’hanno portata a svoltare a livello di mentalità. Per dire, il suo modello è Kendrick Lamar. La strada è lunga, e Ele A si sente ancora lontana dall’essere arrivata. E noi non vediamo l’ora di seguirla nel suo viaggio. Intanto ci lasciamo trasportare nel suo mondo a colpi di boombap e influenze jazz degne della migliore scena rap di New York degli anni ‘90…
Per prima cosa ti volevo chiedere di Lugano. A me intrigava molto perché non sei in Italia ma sei lì attaccata. Quindi, cosa pensi ti possa dare in più l’essere di Lugano?
La noia. Nel senso che a Lugano per i giovani non c’è veramente nulla, e quindi magari si mettono a fare cose un po’ più artistiche per sfuggire da questo non poter fare nulla. Però come sguardo ti direi, siamo meno influenzati a livello stilistico, perché magari abbiamo un pochettino più di reference anche verso altre nazioni. Per esempio la Francia o la Germania.
Mentre in meno?
Se ti rivolgi a un mercato super veloce di questo tipo, è importante starci dietro. Stando a Lugano sicuramente non riesci a fare questa cosa, perché è proprio un posto che ti addormenta completamente, ed è una bolla a sé, nel senso non hai tanti feedback da fuori.
Quindi tu in primis hai reference francesi e tedesche. Ti sei ispirata anche un po’ a queste nel tuo EP?
Sì, sicuramente. Ma io credo di aver tratto solo da loro. Nel senso che alla fine io e il mio produttore ascoltiamo principalmente musica francese. La cosa bella che dico sempre della Francia secondo me è che ci sono tante “nicchie mainstream”, nel senso che l’ascoltatore ha un ventaglio molto più ampio di scelta, proprio sul piano commerciale.
Invece hai qualche film o libro che ti ha un po’ svoltato a livello creativo?
C’è un libro che mi ha svoltato, ma a livello di modo di vivere, che è “Le avventure di Tom Sawyer”. A un certo punto c’è sto momento che dici “lui ha capito tutto”, in cui sta dipingendo la staccionata perché è in castigo, poi arriva un suo amico e gli dice, “ah che sfigato che sei qua a dipingere, noi andiamo al fiume”. E lui dice, “ma come, io sono contentissimo, cioè mi dispiace per te che non puoi fare sta roba”. Alla fine lo convince e l’amico si mette a dipingere la staccionata mentre lui va al fiume.
Quando è che hai capito di spaccare? Nel senso, quando hai detto, “ah, forse non me la sto raccontando da sola, forse effettivamente c’è una strada, c’è un futuro”…
Non ancora, direi, però mi fa sempre piacere ricevere riscontri positivi, perché io tendo sempre ad aspettarmi il peggio. Però, la cosa che mi fa dire “ok, ci sta, quello che sto facendo” è che a me i pezzi piacciono. Tipo, Uno9999, cioè, quando l’abbiamo chiuso, ero soddisfatta comunque del prodotto. Invece magari prima no.
Come è avvenuto questo switch, diciamo di consapevolezza nei tuoi mezzi?
Secondo me, allora, in primis il mindset, che è dato anche dalla pressione. In questo caso io sento molta pressione sul futuro, che adesso nella discografia c’è un botto sta cosa del “dopo tot anni non firmo più nessuno”… La finestra è piccolissima.
Kendrick Lamar è stato anche un po’ di ispirazione, nel senso che ogni pezzo suo è super curato, ed è come se dovesse essere il singolo della vita. E forse è un po’ quello che mi ha fatto switchare. E sicuramente con il mio produttore anche, visto che lui comunque prima scriveva, cioè io ero fan sua prima.
Come vi siete trovati?
Lui rappava, aveva questa crew in Ticino ed erano tipo i più big. Un giorno ha iniziato a seguirmi e mi fa “becchiamoci in studio”.
Lanciamoci su Globo. Il Globo è il tuo mondo, sia in real life sia digitale, cioè per esempio i social. Come te la vivi questa cosa?
Io sono veramente molto affetta dai social, nel senso che mi rendo consciamente conto di quanto mi fanno male nel momento in cui non li uso. Io sono veramente molto sfuggente da quel punto di vista perché non mi piace star lì a passarci ore. Però nel momento in cui magari mi si spegne il telefono e vado a fare una passeggiata e sto per quattro ore senza telefono, che sembra poco, lì dico “cazzo”. Poi, secondo me, la mia generazione, proprio di 2002-2001, siamo stati gli ultimi che hanno potuto fare l’elementari senza telefono. E quindi noi ci ricordiamo come era prima, per quello c’è quella malinconia, quella nostalgia dei tempi precedenti. La vedo molto male, anche perché vedo un sacco di finzione, è una cosa che non fa mai bene, perché è pieno di gente che sta male, però se tutti fanno vedere che stanno bene, le persone che stanno male, ovvero tutti, stanno ancora peggio, no? Perché dicono: “che cazzo ho di sbagliato io?” Infatti, come dico sempre, non vedo l’ora di tornare al Nokia senza nulla, però ormai è impossibile.
Come nasce Uno9999?
Allora, mi ricordo che era l’ultima data del tour estivo, ed erano tipo le cinque di mattina, non riuscivo a dormire e avevamo l’ultima data il giorno dopo. Tutta in para, ho scritto questo testo su un beat a caso, poi mi sono venuti in mente gli accordi e li ho scritti su GarageBand. Però c’è stato un processo veramente super: io avevo subito scritto il ritornello così com’è oggi, solo che non ci convinceva, e allora, ti giuro, avremmo fatto sessanta prove di ritornelli diversi per poi tornare al primo. Alla fine la lezione che abbiamo imparato è che spesso le robe, anzi sempre, nei ritornelli le cose più impulsive, più spontanee, sono quelle che vanno meglio, quindi stop the perish.
Mentre, qual è il tuo pezzo preferito dell’EP?
Forse quello (Uno9999, ndr). Soprattutto per la gestazione, per come è nata. Però anche perché io sono super fan di quella vibe nostalgica, di quei pezzi che ti mettono nostalgia su cose mai successe. Quello è un pezzo che, se non l’avessi scritto io, mi farebbe lo stesso effetto. Per gli accordi, per l’armonia, per il testo, e quindi, probabilmente, quello. Però, in realtà, anche Jeans, la seconda strofa, mi piace…
Se i tuoi fan dovessero trarre un solo messaggio dall’ EP, quale vorresti che fosse?
Posso dirne tre?
Certo!
Allora la prima cosa che vorrei far passare è che bisogna sempre cercare di empatizzare con gli altri, perché non c’è mai un comportamento privo di motivo. Poi, che in Svizzera non è tutto rosa e fiori. E infine, che non bisogna per forza essere qualcosa che non si è, anzi, il contrario. Se si cerca di costruire qualcosa, non si sarà mai veramente in pace.
Mentre mi diresti tre nomi di artisti italiani che ti hanno influenzato?
Io sono super fan di Madame, poi i Nu Genea mi piacciono un casino. E… che cogliona, la Love Gang! L’ultimo disco mi è piaciuto un sacco.
Di esteri invece?
Vado coi francesi. Il mio preferito in assoluto è svizzero-francese ed è Varnish La Piscine. Secondo me è un genio. E ha tipo, ovviamente quelle fanbase che sono piccole, però loro sono tutti super appassionati, tutti day one. Lui è un regista e produttore e canta anche sulle sue produzioni. Quindi tutti gli album suoi che escono sono soundtrack dei suoi film. A me la visione così fa veramente impazzire. Adesso sta lavorando con Pharrell Williams e Tyler, The Creator. Poi c’è Ness, che è un emergente francese che mi ispira un sacco anche per la parte live…per dirti qualche mese fa ha rotto il pavimento di un locale e hanno dovuto interrompere. Lui ha proprio un immaginario super coeso. E mi piace il fatto che anche se non è un big, comunque è tutto così curato che lo diventa in pochissimo tempo. Infine, sempre di svizzero c’è Makala, che è tipo la coppia d’oro con Varnish Lapiscine: tutti i pezzi di Makala sono prodotti da Vanrish e fanno sempre robe assieme. E lui ha veramente una mentalità alla Kanye tipo “sono il migliore, non potete dirmi niente”, e si riflette molto.